“Cara Unione,

ci basta percorrere la statale 131 da Cagliari verso Sassari o Olbia per poter notare, durante il tragitto, decine e decine di paesaggi differenti l’uno dall’altro.

Si perché, diciamocelo, la Sardegna è in realtà un piccolo continente fatto di regioni molto diverse tra loro. Il Goceano, la Marmilla, la Planargia, il Mandrolisai e via discorrendo, hanno caratteristiche uniche e differenti: la grande biodiversità di paesaggi ne è la prova.

Tutto ciò influisce in maniera determinante anche sulla vita di una vigna e soprattutto nel gusto del suo vino.

A distanza di pochi metri o pochi filari, possono cambiare mille fattori ambientali: suolo, clima, altitudine o esposizione al sole. Questo fa sì che l’uva di una stessa vigna, impiantata col medesimo vitigno, esprima nel vino caratteri, profumi, morbidezze e concentrazioni differenti.

Esiste una parola in francese che rappresenta tutto ciò: terroir. ‘Nel Nuovo Mondo devono per forza pubblicizzare il vitigno per poter vendere il vino. L’Italia dovrebbe parlare meno di vitigni e iniziare a vendere di più i territori’, dice Walter Massa.

Perché d’altronde quando compriamo uno Chablis o un Mersault non compriamo solo uno chardonnay fatto in Borgogna, ma compriamo un vino con caratteristiche molto diverse. E allo stesso tempo compriamo anche il suo territorio.

Da qui una riflessione: ha ancora senso parlare di Cannonau di Sardegna?

Evidentemente no.

Le denominazioni a origine della Sardegna enoica conservano in sé un duplice handicap. Perché le attuali denominazioni vincolano il nome del vitigno ma anche il nome Sardegna. Quindi un produttore è costretto ad usare una denominazione generalista che non parla di singolo territorio (eccezion fatta per Mandrolisai Doc), oppure a rinunciare al nome del vitigno e al nome Sardegna in bottiglia in tutto il materiale pubblicitario.

La politica, quindi, deve rivedere completamente il sistema delle denominazioni, orientandole verso la valorizzazione delle regioni storiche. Ponendosi inoltre come vera cabina di regia di un programma organico di rinascita della Sardegna enoica, intesa come mosaico di espressioni. Realizzando una zonazione completa della Sardegna e istituendo Consorzi di Tutela capaci di pubblicizzare e stimolare davvero i produttori.

Cosa possono fare i vignaioli?

Continuare ad investire in qualità, mettere in luce le differenze e le sfumature che i diversi terroir sardi possono offrire. Far parlare le uve e cercare di condizionarle in cantina in meno possibile, perché solo così possiamo pensare di costruire un’immagine forte e autentica di Sardegna del vino nei confronti del mondo.

Stefano Orrù

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