"Cara Unione,

La leggenda narra che Capitana fosse la compagna di un pirata che si innamorò perdutamente della sua schiava tanto da parificarla al suo rango. Le scorribande sulle coste rimpinguarono il bottino che veniva conservato ai piedi del nuraghe Diana, dimora della Capitana quando il suo pirata partiva, troppo pericoloso portarla con sé, per cui lei aspettava il suo ritorno. Ma un giorno non tornò più e si dice che ancora oggi vaghi tra le rovine in attesa.

‘La Capitana’, la spiaggia, è ancora lì ma ogni anno che passa è sempre più ridotta a un arenile scomparso, quella sabbia bianca e fine su cui faceva piacere sdraiarsi e crogiolarsi ai raggi del sole non c’è più, la trovi solamente dentro l’acqua. Una striscia sottilissima è quello che rimane e in estate gli ‘aficionados’ sono appollaiati come uccelli in un lembo di sabbia, quasi tutti in piedi perché non c’è posto per stendere un asciugamano, se non in acqua. E la spiaggia sta scomparendo tra l’indifferenza più completa di chi dovrebbe tutelare tali beni naturali.

Negli anni Ottanta e Novanta, un arenile di un bel paio di metri accoglieva i bagnanti con i loro ombrelloni e i bambini giocavano con la palla. In tutta l’Isola ci si preoccupa di salvaguardare e valorizzare i beni naturali, paesaggistici, ambientali e archeologici per far conoscere la nostra terra e creare opportunità di lavoro, ma qui una spiaggia è sparita e nessuno dice niente. Fa riflettere la notizia ‘sequestrati 80 kg di sabbia’ all’aeroporto di Cagliari, Olbia o Alghero e si fa anche della pubblicità per evitare questo furto con la frase: ‘La Sardegna portala nel cuore’. Ma qui non stiamo parlando di chili, bensì di metri cubi di sabbia che non ci sono più.

La cosa che fa male è l’indifferenza e la non valorizzazione di un pezzo di costa che se ha pur visto degli interventi di restauro è stato successivamente abbandonato al vandalismo; spiaggia di Capitana, nuraghe Diana e promontorio di Is Mortorius  (cunicoli militari e batteria a mare) potrebbero essere un’attrazione per i turisti stranieri, italiani e indigeni e creare posti di lavoro. Nel continente italiano e precisamente nel nord-est (Veneto – Friuli) i luoghi della 1° guerra mondiale sono oggetto di meta turistica, molte persone li visitano pagando l’ingresso, perché non possiamo farlo anche noi? I cunicoli che attraversano il promontorio di Is Mortorius e che sono stati i nostri luoghi della guerra del ’45, compreso il Nuraghe Diana trasformato in torretta per l’avvistamento, perché non possiamo mostrarli? A dirla tutta il progetto esisteva ed è stato fatto un restauro di quelle opere però non si è pensato di mettere in sicurezza il sito da parte dei soliti vandali che hanno agito in tutta tranquillità anche perché il promontorio non è illuminato, è fuorimano e privo di ogni sorveglianza. Il passaggio dei vigili ogni tanto o degli agenti forestali è stato totalmente insufficiente a scoraggiare i devastatori.

Anche la scaletta in legno e lo scivolo per disabili realizzati 4 anni fa per facilitare l’accesso a mare nella baia adiacente (criticato come progetto e realizzazione) sono crollati per la furia invernale del mare l’anno dopo la costruzione.

Non voglio ora puntare il dito su quello o quell’altro, troppo facile, anzi invito chi se ne deve occupare (perché sono diverse le autorità competenti) a mettere in campo un piano operativo strategico che valorizzi le nostre bellezze e che permetta al nostro Comune di diversificare le offerte turistiche e non solo il Poetto”.

Eligio Cincotti

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