“Cara Unione,

fin dal medioevo, i diritti di uso civico risultano presenti nella nostra regione con la denominazione di adempriviu.

Tali diritti si riferiscono al godimento a favore della collettività locale e non di un singolo individuo o di singoli che la compongono; i quali, tuttavia, hanno diritti d’uso in quanto appartenenti alla medesima collettività che ne è titolare.

In Sardegna, un passo notevole verso l'eliminazione di ogni residuo di tempi ormai lontani fu fatto con l'abolizione del feudalesimo. Infine, il dibattito sulla proprietà della terra giunse alla stretta conclusiva, allorché fu creata una Commissione per definire le norme da seguire nella misurazione dei terreni, a far parte della quale fu chiamato il capitano Carlo De Candia, già assistente del Della Marmora nelle rilevazioni del 1835-38.

La superficie totale dell’Isola fu suddivisa in 44 distretti censuari. L’esecuzione dei lavori, sotto la responsabilità di una Direzione dipendente dal Ministero delle Finanze, presieduta dallo stesso De Candia, con un ispettore per ciascuna Provincia, fu affidata a geometri coadiuvati da aiutanti e periti estimatori. Le operazioni iniziarono con la rilevazione dei confini dei terreni demaniali, comunali e privati e l’accertamento delle particelle facenti parte delle frazioni identificate sulla scorta dei lavori planimetrici esistenti. Per ogni Comune fu elaborato un nuovo quadro d’unione nel quale le frazioni vennero ordinate alfabeticamente. Le frazioni venivano poi riprodotte in maniera più dettagliata nei singoli fogli di tavoletta ed erano divise in particelle numerate progressivamente a partire dalla frazione “A” fino alla frazione rappresentante l’abitato. Tale numerazione veniva ripresa nei registri (sommarioni) nei quali, per ogni particella, venivano indicati il nome del proprietario, il titolo del possesso, la superficie e la qualità di coltura. Le stesse planimetrie realizzate per la formazione del Catasto provvisorio servirono di base ai successivi Catasti.

Con la realizzazione dell’unità nazionale e la proclamazione del Regno d’Italia (1861) la nuova amministrazione statale cercò anche in Sardegna di portare a compimento il disegno abolizionista degli usi civici già proprio di diversi Stati preunitari. Cosicché, con la legge n. 2252 del 23 aprile 1865, di abolizione degli ademprivi e dei diritti di cussorgia, si disponeva che: ‘Tutti gli usi conosciuti nell’Isola di Sardegna sotto il nome di ademprivi, nonché i diritti di cussorgia, sono aboliti. Ogni atto di ulteriore esercizio di questi usi e diritti costituisce una violazione del diritto di proprietà, alla quale sarà applicato il Codice penale comune’ (art. 1).

In diversi comuni della Sardegna, nei primi decenni dell'Ottocento, una ragguardevole quantità di terreni già apparteneva ai privati. Diverse comunità non esercitavano alcun diritto di ademprivio sul proprio territorio. Nella consegna feudale di un comune del Campidano, del marzo 1839, compilata per conto del Regio patrimonio, si legge: ‘Non esistono nel villaggio terreni demaniali, né ademprivili’. Dalla rilevazione catastale del 1842 risulta che quasi tutta la superficie comunale era costituita da terreni aratori e vigneti. E si tratta dell'intera porzione territoriale che appartiene ai privati. La restante porzione era invece di proprietà comunale, costituita da terreni cespugliati di cisto e lentischio lasciati incolti.

Pertanto, risulta provato che in quel Comune non esisteva alcun ademprivio (uso civico): come dimostrano anche diverse delibere comunali. E ciò, contrariamente a quanto si evince dalla relazione della ‘Geis’ e dalla successiva determinazione dell’Argea. Un’intera frazione del sommarione è esclusa dalla mappa dei terreni comunali del De Candia, diversamente da quanto indica la citata relazione. Quei terreni non sono indicati fra quelli comunali, neppure nelle delibere del Consiglio comunale della prima metà dell’Ottocento. Essi risultano soltanto dal sommarione, compilato dopo il 1867, anno in cui hanno avuto termine le operazioni di rettifica del Catasto provvisorio compilato negli anni ‘50 dell’Ottocento; si badi bene: circa 80 anni prima della legge del 1927 (e perciò, in data tutt’altro che immemorabile!). Viceversa, i terreni comunali risultano ben delineati nel verbale De Candia e nella relativa mappa del 1842, nonché dagli stessi documenti del Comune, risalenti allo stesso periodo (prima metà dell’Ottocento).

Molto cordialmente”.

Albino Lepori

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