“Cara Unione,

il 20 maggio 1999, alle 8.30 a Roma, a pochi passi da casa sua, veniva atrocemente ucciso Massimo D'Antona, giurista e docente universitario di Diritto del lavoro nella facoltà di Scienze Politiche dell'Università La Sapienza di Roma, consulente dell'allora Ministro del Lavoro, Antonio Bassolino. 

Poche ore dopo, arrivò la rivendicazione delle nuove Brigate Rosse: ‘La nostra organizzazione ha individuato il ruolo politico-operativo svolto da Massimo D'Antona’. 

Il professor D'Antona fu ucciso per aver segnalato quanto accade nei Paesi più avanzati in tema di diritto del lavoro, per essersi dedicato a costruire un ponte tra il consenso di oggi e quello di domani, per essere semplicemente stato uno studioso al servizio dello Stato. 

Fu terribile: qualche giorno prima (il 12 maggio 1999), avevo sostenuto l'esame di diritto del lavoro e lui era lì sorridente in aula come sempre. Noi studenti eravamo affascinati dalle sue qualità umane e professionali. Era un uomo mite che del dialogo e dell'evoluzione del diritto del lavoro aveva fatto la sua filosofia di vita: per lui il diritto del lavoro doveva evolvere e adattarsi al mutare dei tempi, per poter conservare la propria essenziale funzione.

Ricordarlo è un dovere e un segno di attenzione umana e civile. 

Queste morti violente ci devono far riflettere: non devono esistere ragioni di dissenso politico o sociale che possano giustificare forme di ricorso alla forza destinate a sfociare in atti così efferati.

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