S e Wikipedia fosse roba seria e non una melassa cucinata dai soliti buonisti-leninisti, dopo la vittoria di Han Kang aggiornerebbe la voce “Premio Nobel per la Letteratura” nel modo seguente, svelando finalmente una scomoda verità storica.

Letteratura (premio Nobel per la): inizialmente concepito come riconoscimento per romanzieri e drammaturghi di riconosciuto valore, col tempo il P. è diventato uno strumento efficacissimo della strategia studiata dagli svedesi per deprimere gli altri europei, in modo particolare quelli che godono di una bella stagione che duri più di mezz’ora. In questo senso il P. si affianca alla famigerata spalliera svedese, che ha fatto (e fa) sentire gli studenti italiani una massa di salami imbranati, incapaci perfino di penzolare.

Scopo del P. è far sentire il cittadino medio (ma anche quello di buona cultura, con effetti devastanti sul tono dell’umore delle élite nazionali) una capra maledetta che non distingue un periodo ipotetico da un paracarro. L’obiettivo viene subdolamente perseguito attribuendo il riconoscimento ad autori e autrici sconosciuti ai più (l’anno scorso fu la volta di Fosse, che tutti credevamo un tranquillo congiuntivo imperfetto) in modo che poi uno dica: mannaggia, questo ha preso il Nobel e io manco lo conoscevo, sono proprio un animale. L’impressione è che ci siano riusciti anche stavolta.

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