C hi non è rimbecillito dal caldo o dalle certezze sa che la guerra all’Ucraina può ancora finire in ogni modo, dall’apocalisse nucleare in giù.Eppure, anche senza volerne trarre chissà quali presagi, la faccenda Putin-Prighozin si fa sempre più significativa. Il mercenario in pochi giorni è stato indicato dal potere russo via via come eroe guerriero, grillo parlante seccante, traditore della Patria, esule in Bielorussia, morto che cammina e ieri, gran finale, interlocutore di Putin ricevuto al Cremlino per un lungo caffè.

Anche Orwell in “1984” immaginava un regime che cambiava di botto le alleanze, costringendo i burocrati del ministero della Verità a riscrivere le cronache, ma ormai le svolte di Putin sono così frenetiche che sembra il Lino Banfi di “il dottor Tomas non è in sede”, e anche volendo i propagandisti non possono stargli appresso. E questo non è normale, visto che come tutti i grandi criminali Putin sa bene che se perdi la faccia poi ci lasci la pelle.

A proposito di faccia: in attesa di sapere se queste convulsioni porteranno alla fine di un regime, di una guerra o di tutti noi, sarebbe gradevole se quelli che col viso compunto ci spiegano da oltre un anno che sostenere l’Ucraina è inutile perché la Russia è un monolite e il potere dello zar è immenso e indiscusso, la smettessero col cinismo saputello delle profezie prêt-à-porter. Può ancora finire in mille modi. Perfino in quello giusto.

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