A nche oggi è Pasqua. Pasqua ortodossa una settimana dopo quella cattolica. Comunque cristiana. Le due ricorrenze non coincidono temporalmente perché pur seguendo la stessa regola di calcolo, una fa riferimento al calendario gregoriano l’altra a quello giuliano. La resurrezione di Cristo è fondamento di entrambe le fedi. Dal 1991 la si celebra di nuovo nelle ex repubbliche sovietiche dopo i settant’anni dell’ateismo comunista. Lenin l’aveva bandita, insieme alle altre festività religiose, dopo avere fatto uccidere o arrestare migliaia di preti ortodossi e abbattere o confiscare gli edifici di culto. Una sua frase è agghiacciante: «Adorare qualsiasi dio è una necrofilia ideologica». Ma non fu una pietra tombale. Il fuoco spirituale dei credenti continuò a ardere nella clandestinità. Russi e ucraini vissero gli stessi tormenti e la stessa resurrezione. “La grande Pasqua russa”, ouverture di Rimswkji-Korsakov, li unì nella resistenza e nella speranza. Durante la dittatura sovietica le parole di quella composizione furono l’inno della sofferenza comune in attesa del riscatto: «Che Dio si levi e i suoi nemici siano dispersi e fuggano dalla sua presenza coloro che lo odiano». Russi e ucraini lo cantavano insieme. Oggi è l’inno degli aggrediti contro il “fratello” aggressore. Ma questa non è Pasqua.

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