Tutti resilienti
Caffè Scorretto
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D a quasi un anno mi sento resiliente. Esattamente da quando Giuseppe Conte svelò che cosa cela la quarta lettera dell’acronimo Pnrr. Ma non fui il solo. Molti italiani si scoprirono resilienti, ossia muri di gomma, che in parte assorbono e in parte respingono l’urto. Anche chi non aveva mai sentito quella parola si sentì resiliente. La moda incuriosisce, meglio seguirla che starne fuori; meglio pecore che retrogradi. Ne ha colto lo spirito il filosofo Maurizio Ferraris, accurato interprete dei vari aspetti della vita sociale. «Oggi furoreggia – ha scritto di recente - una nuova virtù teologale denominata resilienza. Che purtroppo è un vizio intellettuale. Con quel termine si designa la proprietà di un metallo di ritornare allo stato di partenza. Il che, trasferito all’umano, significa essere incapace di imparare dall’esperienza propria e altrui». Il monito pare rivolto ai signori del nostro attuale parlamento più che «al colto pubblico e all’inclita guarnigione». Con questa frase, detta con ironia, in tempi non lontani ci si rivolgeva a una platea mista di civili e militari per introdurre gli spettacoli delle fiere da baraccone. Presentazione che bene si adatta allo show psichedelico dell’elezione del presidente della Repubblica, cui abbiamo assistito. Ma noi, ormai, siamo tutti resilienti.