I l Corriere della Sera informa che nelle conversazioni fra dirigenti della Juve intercettate dalla Finanza la frase che ha impresso una svolta all’inchiesta è stata “tanto la Consob la supercazzoliamo”.

Dal punto di vista del costume è interessante. Non tanto che due dirigenti usino questo registro (fra colleghi ci si esprime in modi anche più casual) ma che gli investigatori percepiscano a colpo sicuro il senso di quella espressione gergale. Che non possiamo definire un neologismo: notoriamente la supercazzola si affaccia sulla scena lessicale col primo “Amici miei”, che è del 1975. Per intenderci: in Vaticano c’era Paolo VI, a Palazzo Chigi era appena tramontata l’era Rumor. Perciò “supercazzolare”, che pure di un neologismo ha la freschezza e l’efficacia, arriva dalle soffitte della prima Repubblica.

Speer, architetto principe di Hitler, teorizzava l’archeologia delle rovine: si deve costruire sapendo che un giorno quei palazzi crolleranno, e quindi vanno progettati anche degli elementi che sopravvivano come testimoni del passato, un po’ come il Partenone o le strade romane.

Non è chiaro se sia più confortante che fra le macerie del lessico cupo dei Settanta sopravviva, incrollabile e sempreverde, una genialata da commediografo, o se sia più desolante che nei discorsi nostri così enfatici e vacui non ci sia un Monicelli a regalarci qualcosa da salvare.

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