S e la vecchia politica bacchettona viene rimpianta da molti italiani è perché la nuova, dal circo berlusconiano all’uno che vale uno delle Stelle a cinque Vaff, più che di sostanza è povera di stile. Non sono i problemi, più o meno quelli di ieri (sanità, giustizia, economia, pensioni, sicurezza, migrazioni) a segnare la differenza quanto lo scarso rispetto e tolleranza verso chi la pensa diversamente. Il nuovo è un impasto di rabbia e rancore. Le parole sono pietre, i toni esagerati, i gesti sguaiati e le espressioni facciali di cattivo gusto; si è perso il piacere dell’ironia e della battuta arguta ma pulita. I protagonisti della vita pubblica avevano una costante: il garbo. La tivù pubblica, la scuola, la società nell’insieme erano “maestri” di galateo: un altro Paese. Il comunista Giancarlo Paietta e il missino Giorgio Almirante, acerrimi nemici, si confrontavano in tivù con quella classe austera di cui si è persa traccia. Il vecchio Andreotti ha affrontato il processo, rispettoso dei giudici e del sistema giudiziario, senza schierare in piazza i suoi mille con cartelli e megafoni per urlare l’innocenza. Il giovane Salvini ha fatto esattamente il contrario: l’assoluzione li accomuna, lo stile li differenzia. Come diceva il grande Enzo Biagi: «Anche nella prima Repubblica i politici mangiavano, ma sapevano stare a tavola».

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