I l Bello, il Bullo, l’Abatino. Non sono tre personaggi della serie filmica spaghetti western di Sergio Leone. Ne hanno però le caratteristiche: si sfidano tra loro e si battono in duelli eroicomici. Non impugnano le colt delle americanate; si limitano alla mediterranea lotta greco romana, non fisica ma verbale. All’anagrafe si chiamano Conte Giuseppe, che se non è Bello crede di esserlo, come rivela la cura-gel del ciuffo ribelle; Renzi Matteo, che se non è Bullo di natura, lo è in arte scenica; Letta Enrico, che è stato Abatino nell’abito e ora lo è nel sembiante. Li accomuna un olezzo di vecchia Dc. Letta è un democristiano spretato; Renzi è un seminarista che ambiva a diventare cardinale, ma non ha fatto in tempo per prematura scomparsa del partito-chiesa; Conte è un chierico vagante: dalle sacrestie scudocrociate al covile dei grilli dopo avere scampanellato a casa Pd. Tutti e tre, incredibile a dirsi, sono stati presidenti del Consiglio dei ministri. Di quel ruolo hanno perso la dignità: ora litigano tra loro in pubblico come comari sui ballatoi. Ve li immaginate Fanfani, Andreotti e Moro che, dopo essere stati capi di governo, si insultano attraverso i media e si mandano reciprocamente a farsi curare dagli psichiatri? Il livello della politica è sceso, quello dello stallatico è salito.

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