Sorrisi al nemico
Caffè Scorretto
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T anto tuonò che non piovve. Giusto poche gocce che rischiavano di rovinare la pettinatura a banana di Donald Trump, il quale cambia modo di mostrare i denti: prima era un cane rabbioso, ora quasi sorride.
Voleva la guerra commerciale con Messico, Canada (che vuole annettere agli Usa, nientemeno) e Cina. L’ha ottenuta, con gravi effetti sulle Borse di mezzo mondo, ma la reazione dei tre Paesi è stata immediata come quella dell’Ue. Quando si dice un ottimo avvio di mandato. Claudia Sheinbaum, presidente del Messico, costringe The Donald a una tregua di un mese sui dazi al 25%, e dice: «Il Messico s’impegna a impedire il traffico di droga verso l’America con diecimila soldati al confine, gli Usa a non fornire armi ai cartelli della droga messicani». È con quelle, che spadroneggiano. Accordo fatto.
Poi Trump ha sentito Justin Trudeau, premier canadese. È bastato che l’Ontario minacciasse di cancellare un contratto da 68 milioni di dollari con Starlink (i satelliti di Elon Musk), e il biondo ha bloccato l’aumento dei tassi. La Cina risponde ai dazi trumpiani con i propri (al 15%) per carbone e gas Usa. Ursula von der Leyen parla di dialogo, ma precisa: «Se l’Ue sarà presa di mira in modo ingiusto o arbitrario, risponderà con fermezza».
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