C i eravamo lasciati quando dalle urne referendarie erano emerse due vittorie: quella obiettiva del centrodestra e quella soggettiva del centrosinistra. Da una parte Meloni, Salvini, Tajani che, pur tra loro litigiosi come bambini che si contendono i balocchi, si compiacevano del risultato ottenuto. Dall’altra, in ordine sparso: Landini “il promotore”, che rintronato dalla sberla elettorale riconosce la disfatta ma se la prende con il popolo cinico e baro che lo ha tradito; Schlein, che nonostante la sculacciata ricevuta, cavilla sui numeri piegandone la loro forza aritmetica al fine di tramutare la disfatta in un parziale successo, seppure immaginario; Conte Giuseppe, l’auto-idolatra dedito al culto di sé stesso, che non avendo capito il senso delle cose, propone di taroccare il quorum; il patetico duo d’avanspettacolo Bonelli-Fratoianni, che incespica, tartaglia, farfuglia e fa finta di pensare. Era questa la scena da commedia dell’arte quando una grandinata di missili israeliani si abbatté su Teheran e sui turbanti degli ayatollah, che tiranneggiano l’Iran invocando Allah e issando forche nelle piazze. I progressisti nostrani, che si avvolgono nella bandiera della Palestina e bruciano quella di Israele, hanno capito subito da che parte stare. Con gli ayatollah e contro gli ebrei. Loro capiscono tutto prima di tutti. Come hanno dimostrato con i referendum.

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