N on ho niente, in linea di principio, contro il Festival di Sanremo. C’è chi lo ama e vi trova una delle sue ragioni di vita. Ognuno ha diritto a un proprio spazio di beatitudine. Però il signor Stefano Coletta, capo di Rai1, non deve corbellarci sostenendo che l’Amadeus-Festival raffigura uno spaccato della nostra società. A me è sembrato, piuttosto, una caricatura dell’Italia contemporanea; ma senza il senso della misura e la raffinata ironia delle parodie. Uno zibaldone, una mescolanza confusa di cose e persone gettate in una mischia psichedelica con effetti speciali. Ne è scaturita la rappresentazione di una società falsificata da un gruppo di pseudointellettuali d’assalto ideologizzati che vogliono sovvertirne i valori. Non è mancata l’incursione nel campo della politica con randellate a destra e non a manca. Nella confusione Benigni, giullare di talento, è stato chiamato come sommo costituzionalista italiano a officiare i 75 anni della Carta “più bella del mondo”; Chiara Ferragni, falsamente nuda come falso è il suo mondo virtuale, ha letto ciò che ha scritto a sé stessa, se n’è compiaciuta e ha esibito, come un’ammiccante dea madre, un utero-gioiello. E poi molestie sessuali, esibizione del diverso, eccesso, esasperazione, feticismo. Le canzoni, chiassose e urlate, sono state solo un pretesto.

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