I l battaglione Azov – che ogni tanto nei nostri articoli diventa reggimento, altre volte ridiventa battaglione – è una lente interessante per decifrare il discorso su questa guerra. Chi dice che è un normalissimo segmento delle forze ucraine dice solo un pezzo di verità, visto che è stato integrato in fretta e furia in un esercito che non poteva guardare troppo per il sottile. E chi dice che è un manipolo di nazi minacciosi dice solo un pezzo di realtà, e peraltro il più stantio. Quindi dimmi che cosa pensi di Azov e capirò chi sei. Se questo vale per i pensatori da talk show, a maggior ragione vale per capire le parole di Putin. Che ieri ha detto: «Gli ucraini stanno trasformando i nazisti in eroi». Ed è vero esattamente il contrario, perché se tu invadi un Paese e ti metti a bombardare i difensori di un ridotto strategico e martirizzato, sei tu che costringi il mondo a non sottilizzare sulle svastiche e a concentrarsi sul sacrificio patriottico di chi se le scarabocchiava sulle magliette.

La sensazione è che Putin – che volendo meno Nato l’ha resuscitata e negando l’identità ucraina l’ha definitivamente edificata – per guardare il mondo non si affacci a una finestra del Cremlino, ma a uno specchio. E per questo lo vede così minaccioso. Specchio senza ritorno, strillavamo da bambini per replicare un’offesa. Da grandi stiamo capendo in che senso, “senza ritorno”.

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