F ra quattro giorni il governo Meloni compirà due mesi. Per certuni è ancora un neonato, per altri è già adulto. I primi, che stanno a destra e al centro, lo ritengono precoce perché sa già leggere, scrivere e far di conto: tanto da essere riuscito a superare la prova di maturità, ossia la legge finanziaria, che gli esaminatori di Bruxelles hanno giudicato positivamente. Gli altri, che stanno a sinistra, lo considerano ritardato perché non incline ad assecondare i loro buoni consigli. Qualcuno preannuncia persino sventure. Come il Conte Giuseppe, che vestendo i panni di un Masaniello stellato va per paesi e città a sobillare i percettori del reddito di cittadinanza: da ex premier paludato, a sovversivo di periferia che invoca una rivoluzione sociale. Chi gli crede ha già armato la tastiera del suo computer e ha minacciato di morte Giorgia e sua figlia. Nel governo ci sono persone affidabili per moderazione e cultura politica, altre inaffidabili per carattere e dall’estro bizzarro. Non azzardiamo giudizi che, all’alba di una vita, sarebbero pregiudizi. Se la democrazia ha un senso, a Meloni, che ha calamitato voti e applausi, ora spetta governare. Essere andata al governo non vuol dire, però, avere conquistato il potere. Che ha radici profonde e resta sotto il controllo della sinistra. Almeno per ora.

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