S e non fosse l’uomo più ricco del mondo con un patrimonio di oltre 256 miliardi di dollari Elon Musk potrebbe definirsi uno scapestrato. Si presenta a convegni internazionali in felpa e scarpe da tennis, la sua pettinatura è accuratamente spettinata, usa un linguaggio elementare per dire cose strabilianti. Per esempio, che è iniziato il transumanesimo, l’età dell’oro dell’umanità. Annuncia che di questo trapasso sarà lui il gran demiurgo. Le sue aziende, che gli hanno dato enorme potere, operano nei più avanzati campi della scienza, della tecnica, delle neuroscienze. Oggi inviano razzi in orbita, controllano l’intelligenza artificiale, le neuro tecnologie, i sistemi evolutivi; domani saranno i pilastri di un nuovo ordine mondiale, non geopolitico ma esistenziale. Tutto, profetizza, sta per cambiare. Comprese la vita e la morte. Un progetto utopistico e inquietante, di cui lui sarà l’impresario. Vuole governare un’azienda senza confini, incorporea, in cui l’astratto dominerà sul reale. Il miliardario scapestrato però ha commesso un’imprudenza: ha dichiarato che ama il progresso, ma non è progressista. Rivelatosi politicamente scorretto, va screditato. Un’accusa infamante ma falsa sta facendo il giro del mondo: Musk fa uso di droghe, anche le più pesanti. Come dire: il suo progetto non è visionario. É soltanto “stupefacente”.

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