L a Destra ha comunque vinto. Quando si è ottenuto ciò che si voleva si è vinto. Si farebbe un torto alle intelligenze di Meloni e Salvini se li si accreditasse di una volontà di vittoria alle ultime elezioni amministrative. Il loro obiettivo era perdere. Lo hanno fatto capire al loro elettorato con un comportamento che, letto senza filtri, poteva apparire suicida. Invece era strategico, furbo come quello di chi sega il ramo sul quale è seduto. I loro litigi quotidiani miravano a frastornare gli elettori, a metterli in fuga dalle urne, a stupire gli avversari, increduli di fronte a tanta beneficenza. Berlusconi, il terzo del tavolino a tre gambe del centrodestra, non avendo capito l’astuzia dei due suoi giovani alleati, ha tentato, con lodevole insuccesso, di fare da collante fra le loro due anime. Salvini e Meloni hanno giocato tra loro una partita a scacchi. Eliminati i re, le regine, gli alfieri, le torri e i cavalli hanno dovuto scegliere tra asini e pedoni: candidati neutri mandati allo sbaraglio nell’agone. L’elettorato, che ha ritenuto l’offerta scadente, non è andato allo spaccio e non ha speso nemmeno uno spicciolo di voto. Il vecchio Silvio, con la sua idea di centro tolemaico dove lui è il sole, ha ammiccato ai due ragazzi. Li ritiene quasi maturi per arruolarli in Forza Italia.

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