“M i ci scappa s’arrisu”. Per gli amici al bar la proposta di legge per difendere la lingua italiana dall’invasione delle parole straniere nella pubblica amministrazione è da ridere. Da sbellicarsi per la multa: un “ok” potrebbe costare fino a 100 mila euro. All’incirca come se l’anglofilo impenitente dovesse passare dieci volte al giorno per cinquant’anni col rosso. “L’eccesso sanzionatorio esibito nella proposta di legge rischia di gettare nel ridicolo il fronte degli amanti dell’italiano”, sentenzia l’Accademia della Crusca che boccia la proposta. E spiega: “sostituire oggi start-up nel suo diffuso significato è difficile perché porta con sé un alone di tecnologia avanzata dovuta all’inglese”. E così per tanti altri termini. Il presente non dimentica il passato ma fa ginnastica col futuro, fila veloce. E quando si ipotizza una stretta sui corsi in lingua nelle università, si scivola nella boiata alla Fantozzi. Che si esageri nel forestierismo è un fatto persino fastidioso, ma pensare di bloccarlo a suon di multe quando scopri che 6 universitari su 10 prevedono di lasciare l’Italia (e non esiste bar o ristorante dove il cameriere non parli almeno due lingue), qualcosa vorrà dire a chi pensa di liquidare il problema usando il manganello. Obiezione: la proposta riguarda l’amministrazione pubblica! Vero, ma solo per ora. Forse.

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