Nella giornata paleolitica di ieri, senza whatsapp per ore e poi ore, abbiamo capito davvero come passa veloce ’o tiempo, quando nel frattiempo succede qualcosa che zitto zitto ti cambia il ritmo della vita.

Quell’app di messaggistica è nata appena 12 anni fa e appartiene a Facebook dal 2014: poca roba, pochissima per chi addirittura ricorda il governo Goria o l’Inter di Rummenigge. Eppure ieri scambiarsi le comunicazioni urgenti via sms aveva un sapore d’altri tempi, roba da bianco e nero, pareva di fare una chiamata Sip a gettoni. Quanto alle altre comunicazioni, quelle non tanto urgenti, buonanotte al secchio. E va bene così, bisbiglia una vocina, che sarà mai qualche ora senza la chat degli ex compagni di scuola e quella delle mamme della piscina (non sono persone che hanno messo al mondo una piscina bensì madri di piccoli nuotatori d’acqua dolce)? Che sarà mai perdersi il meme o come si chieme contro Morisi, l’ultima pernacchia a Raggi? Che sarà mai?

Dev’essere questo silenzio novecentesco, o questo sentirti un amanuense solo perché riesci a scrivere tutta una mail senza interromperti. Dev’essere che le nostalgie hanno sempre un fondo reazionario, ma alla quarta ora di quiete ti viene un pensiero reaganiano. Dopo che li aggiustano, questi messaggini, non li potrebbero mettere a pagamento, così filtriamo un po’?

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