C esare Zavattini, giornalista, sui vinti fece una battuta vincente: “ho visto un funerale così povero che non c’era neanche il morto nella cassa”. Per i poveri tante lacrime e niente applausi, nella morte come nella vita. La parata funebre per augurare eterna pace alla regina Elisabetta riporta alla mente “A livella”, la poesia con la quale Totò considerava con ironia come la morte riportava tutti, ricchi e poveri, “a livello”. La disputa tra il marchese di Rovigo e di Belluno e un povero spazzino vicino di tomba, è una perla: “Stamme a ssentì, nun fa’ o restivo suppuorteme vicino, che te 'mporta? Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive, nuje simmo serie, appartenimmo à morte!". Liberiamo il campo, il funerale della regina d’Inghilterra è stato un evento celebrato in pompa magna perché così tradizione comanda e riconoscenza pretende per la Sovrana che ha segnato la storia del mondo. Prova ne sia il 33 per cento di share della diretta Rai1, numeri da partita della nazionale di calcio. Dire che sia stato un affranto collettivo sarebbe un falso, dire che si era incollati allo schermo per lo spettacolo una mezza verità. L’altra mezza è che anche i ricchi piangono. Dal funerale povero di Zavattini a quello ricco di zio Nino, becchino (oggi necroforo) del mio paese: “è stato un funerale ricco, ma bagaglio “appresso” non ne aveva neppure lui”.

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