S i può esprimere preventivamente fastidio per lo scudetto del Napoli promettendo poi di non parlarne mai più? Non per la vittoria del campionato in sé e per sé: quella è una questione aritmetica e di merito, se una squadra vince più partite di tutte le altre c’è poco da obiettare. Il fastidio preventivo è per quello che seguirà sui media. E cioè in massima parte un’ondata di retorica da due soldi, di melassa caricaturale, di riferimenti a capocchia al “riscatto di una città”. E poi “la gioia di un popolo”, e tutte le considerazioni cheap sul grande cuore partenopeo, la lacrimuccia e i lacrimoni, il traffico paralizzato, l’insolita mise del tifoso, quello che dipinge di celeste il cane, quello che prova a farlo al nonno che però si ribella, i biscardismi, i maradonismi, i neomelodismi, l’arguzia da discount, le citazioni, le dichiarazioni ansimate dall’uomo della strada alle telecamere Rai con sottofondo di clacson impazziti (i clacson impazziscono sempre. Mai un giornale che dopo titoli “I clacson rinsaviscono”).

E poi, marginale ma altrettanto fastidiosa, l’altra retorica. Quella del meridionalismo punitivo, quella del “peccato che abbiano vinto, ora si distrarranno dai problemi veri”. Per i resistenti, o semplicemente per gli insofferenti: su YouTube ci sono ampi passaggi di Troisi che commenta il primo scudetto e profetizza il terzo.

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