La gioi a violenta dell’ungherese Attila Fiola, che per festeggiare un gol ha distrutto il computer di una giornalista terrorizzata, è stata collegata da molti al nome del giocatore, che dalle nostre parti evoca ancora morte e distruzione oltre che gli occhi spiritati di Abatantuono.

Ma forse è un po’ più complicato di così. Forse gli antenati unni non c’entrano ed è l’organizzazione degli Europei che ha chiesto a ogni squadra di portare in campo un pizzico dell’identità nazionale che rappresenta. Uno di quei siparietti fra il folk e lo stereotipato per cui i bulgari brindano con lo yogurt a ogni gol e gli svizzeri inscenano il dribbling delle normative fiscali. E cosa può esserci ormai di più tipicamente ungherese che distruggere il pc di una giornalista, visto che da quelle parti il diritto di cronaca ormai è un accessorio ambiguo e sorpassato come il reggicalze?

Da questo punto di vista l’Italia è stata impeccabile: i cinque azzurri che si inginocchiano per protesta contro il razzismo e quegli altri che restano in piedi rappresentano la spaccatura del Paese, nostra indiscutibile specialità, con una minoranza sempre più robusta di italiani che hanno a cuore i diritti civili e una maggioranza (ma sempre meno schiacciante) che guarda annoiata gli inginocchiati e non vede l’ora che si rialzino per cominciare a giocare.

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