Povera Bestia
Caffè Scorretto
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E così c’erano davvero dei robusti motivi personali dietro le dimissioni di Luca Morisi, il social media manager che ha creato e nutrito per Salvini la macchina da consenso detta la Bestia. I carabinieri gli hanno trovato un po’ di droga in casa, e tre ragazzi sorpresi con delle dosi dicono di averle avute da lui. Due considerazioni al volo su una storia che sta facendo e farà parlare molto. La prima suona moralista ma è inevitabile: è giusto trattare Morisi, che ammette alcuni elementi e chiede perdono ma giura di non aver commesso reati, con garantismo e rispetto umano. Cioè con ingredienti che la Bestia ha sempre snobbato, trattando con ferocia sbrigativa i soggetti fragili che la vita spintonava di volta in volta sul palcoscenico dell’attualità: indagati, detenuti, migranti. Addirittura anche morti, vedi il calvario di Cucchi che per Salvini dimostrava solo che “la droga fa male”. Chi a suo tempo intuì quanta sofisticata capacità mediatica, quanta spregiudicata competenza culturale ci fosse dietro quelle gogne popolane oggi ha il dovere morale di non adoperarle su un uomo in crisi. Secondo: tanti retroscenisti fino a domenica davano per certo sui giornali che quelle dimissioni fossero una vittoria dell’ala giorgettiana e governista della Lega. Come si fa a condannare i poveri (culturalmente) che cedono al complottismo se i ricchi sguazzano nella dietrologia?