I l vescovo di Ventimiglia-Sanremo, monsignor Antonio Suetta, è partito dal funerale per criticare (da morta, troppo facile) Michela Murgia. Passi che non gli siano piaciuti gli applausi “quasi da stadio e atteggiamento di festa improprio sia nella circostanza delle esequie che soprattutto nel contesto di un luogo sacro”. Non è stato però un atto di carità cristiana sottolineare che la fede e la dottrina cattolica niente avevano a che vedere con Michela Murgia. Nessuno, neppure il monsignore può conoscere quale sia stato l’ultimo pensiero di Michela prima di varcare l’ignoto. Ha invocato la mamma e ricordato il canto da bambina “Io credo: risorgerò, questo mio corpo vedrà il Salvatore?”. Il monsignore conosce molto bene la parabola secondo Luca del fariseo, peccatore ipocrita e del pubblicano peccatore confesso; “chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. Michela Murgia trattava con animo aperto al dubbio temi misteriosi, qual è la fede, che animano religiosi e laici. “Mi limito a definire Michela Murgia una scrittrice, in quanto considerarla una teologa mi sembra esagerato”, posta il vescovo su Youtube. Michela Murgia ha studiato teologia senza per questo mai dichiararsi teologa. Qualcuno ha scritto: “La morte spegne tutte le passioni”; a sua eccellenza la morte di Michela Murgia, anziché il perdono cristiano, ha acceso la passione umana.

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