I l politichese, male della democrazia italiana. Giulio Cesare annunciò la fulminante vittoria sul re del Ponto con il laconico “Veni, vidi, vici”. Ancora più stringato Giuseppe Garibaldi col telegramma “Obbedisco” al generale La Marmora che gli ordinava di interrompere la marcia verso Trento nella III Guerra d’indipendenza. Mussolini era noto per i suoi torrenziali comizi, ma anche per il sintetico “Me ne frego”. Poi le cose cambiarono. Andreotti con le “convergenze parallele” diede il via al politichese. «Alla luce dell’esperienza», disse un uomo di governo, «un’attenta e realistica considerazione del delicato equilibrio sul quale si regge, pure in presenza di una possibile e auspicata evoluzione verso un più stabile e umano assetto delle relazioni internazionali, la pace del mondo, l’alleanza atlantica ci appare…». Anche le Br non scherzavano: «La catena imperialistica resta comunque caratterizzata dal suo sviluppo ineguale, che si manifesta in ogni suo anello attraverso la specificità della sua formazione economico-sociale (rapporto tra capitale multinazionale dominante e capitale multinazionale del “polo”, fra capitale monopolistico e non monopolistico, tra borghesia imperialista interna e proletariato”) per cui la lotta di classe...». Ora abbiamo bisogno di parole chiare. Come quelle di Zingaretti: «Gli italiani si sono rotti i c… della monnezza di Roma». Bravo!

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