Papale papale
Caffè Scorretto
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F orse tutta la storia della contrapposizione fra il Papa emerito e quello in carica era vera, e non un’invenzione dei tradizionalisti più arcigni. Solo che quello buono, o almeno quello garbato, era Ratzinger.
La frase attribuita da più fonti a Francesco, quella sui seminari dove «c’è già troppa frociaggine», forse come primo effetto fa rivalutare il vecchio pontefice bavarese, il suo tratto misurato, la sua colta e marmorea prevedibilità. Poi sia chiaro, non è che Bergoglio dal punto di vista dottrinario sia imprevedibile: al contrario, in questo inverno del suo regno si sta arroccando su posizioni quantomeno classiche, costringendo molti a riflettere su quanto molte delle presunte aperture, molti capitoli della sua pretesa rivoluzione fossero petardi mediatici, effetti retorici. Ma che la Chiesa abbia un fondo più o meno spesso di omofobia si sapeva, visto che la sessuofobia in generale e l’aspirazione a controllare il corpo non sono novità di oggi né di ieri. Però, accipicchia, il linguaggio sì che colpisce e lascia in un mare di dubbi. Per esempio: se la dicesse un ultras una cosa così, quanti giorni di Daspo si farebbe? E poi: quanto sta godendo Vannacci, che in confronto pare un harvardiano in tweed e pipa? E infine: ora che faranno tutti i liberal de noantri, che da anni appendono il loro smarrimento allo stanco calembour che oggi l’unico che dice cose di sinistra è il Papa?