Odiare una nuca
S i può odiare una nuca? Sì, soprattutto alle 7,30. Soprattutto nel bar di un’area di servizio sulla 131.
Se non altro a quest’ora ci sarà poca gente, avevi pensato all’arrivo, col broncio del sonno e la lingua scamosciata che urlava per un caffè. E invece il bar è già bello pieno. Quindi fai una fila non indifferente per lo scontrino, poi ti piazzi alle spalle di chi è già al bancone e aspetti di poter ordinare. Solo che davanti hai un tipo che il cappuccino lo sorseggia pian pianino, e biascica la brioche con prudenza da criceto vecchio.
Questo rito da geisha artritica potrebbe celebrarlo a uno dei tanti tavolini liberi, ma lui ha conquistato il bancone ed è lì che vuole consumicchiare. Perciò attendi e fremi, con l’ansietta che il pullman riparta, e mentre gli immagini la faccia intanto gli odi la nuca. Ne detesti l’inespressività, carnosa e volgare, come se esistessero nuche empatiche o chic.
Alla fine si volta: è uno che conosci benissimo ed è anche una persona gentile, in realtà. Eppure non pensi: “A volte sono impulsivo, in fondo stava solo facendo colazione e io gli sono stato col fiato sul collo”. No, quel che pensi è: “Chi lo avrebbe mai detto, egregio: sei un maledetto imbecille”. E mentre ti affretti verso il pullman soggiungi, sempre mentalmente: “Imbecille, sì. Anche di spalle”.
Sono le otto meno un quarto. Fa già caldo.