L a Regione Liguria è un boccone politico molto appetibile. La sua vocazione è turistica, ma produce un reddito cospicuo anche con l’attività di industrie sapientemente dislocate, un’agricoltura selezionata e un fiorente commercio. Genera ricchezza e attrae investimenti. Il Pil pro capite dei suoi abitanti è tra i più alti d’Italia. Perciò quando la Procura della Repubblica ha fatto arrestare Giovanni Toti, esponente del centrodestra eletto per due legislature consecutive presidente della Regione, i partiti di opposizione si sono ingolositi. I media della loro area hanno chiesto le sue dimissioni e la convocazione di nuove elezioni. Il piddino Andrea Orlando, ex ministro della giustizia, prima timidamente poi sfacciatamente si è dichiarato pronto a condurre l’assalto. Ma Toti non si è dimesso. E non vuole farlo, pur sapendo che, se lo facesse, i magistrati gli restituirebbero la libertà. Un braccio di ferro tra forze impari. Ne è dimostrazione il nuovo ordine di arresto emesso nei confronti del governatore, testardamente riluttante a seguire quei taciti consigli. Per indurlo ad andarsene Elly, Conte, Fratoianni e Bonelli hanno manifestato in piazza a Genova: un’interpretazione chiassosa del non detto dei magistrati, una manovra a tenaglia di Pm e sinistri. Più maramaldi che audaci i quattro giustizieri della notte. Mancava soltanto Charles Bronson.

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