C alma, “plus de souplesse camarade Terracini”. A Lenin bastarono tre parole per zittire Umberto Terracini che al congresso dell’internazionale comunista anticipava “Sgarbi quotidiani”. Di questi tempi non basterebbe un intero trattato sul valore del silenzio per sconsigliare sparate a salve tipo “la pacchia è finita”, “la musica è cambiata”. Prima fare e dopo parlare altrimenti è solo un gran babbiare. Il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Pichetto Fratin, riferendosi al dramma che si consumava a Ischia, ha sentenziato: “In galera i sindaci e chi fa costruire”. Salvini i sindaci li difende ma non è questo che conta; il punto è capire perché per bloccare sul nascere le costruzioni abusive tanti altri prima del ministro non hanno “pichettato” sindaci e quant’altri impegolati. La galera arriva, se arriva, a tragedia consumata e solo dopo aver centellinato leggi che richiamano regi decreti e combinati vari che scombinano carte e responsabilità. Basta con la farsa del silenzio assenso e dei condoni a grappolo, risposte veloci: sì o no, senza tanti giri e il bau bau che non morde il problema. Buon senso avrebbe suggerito la cannonata diretta non tanto ai sindaci ma contro il sistema che ha permesso gli intrallazzi e consentito gli abusi. Signor ministro, non saranno i Robespierre a salvare le virtù e, purtroppo, le vite umane.

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