I l bizzoso inizio di maggio ha regalato piogge abbondanti soprattutto nel nord dell’Italia, colpita da una siccità senza precedenti. Nei giorni scorsi si sono susseguiti gli allarmi per il calo del livello dei fiumi, il maestoso Po in testa, dei laghi, per l’infiltrazione di acqua di mare nelle falde più vicine alle rive. Nella memoria ho le immagini di turisti a passeggio su lingue di sabbia emerse nel bel mezzo dei corsi d’acqua. Dove prima si andava in barca, ci si poteva avventurare muniti di un paio di scarpe da jogging o, addirittura, di infradito. I siti oggi ci informano che in Piemonte, per esempio, sono caduti 150 millimetri benedetti di pioggia. E sui monti si sono accumulati 30-40 centimetri di neve, una bella riserva per i bacini idrici una volta che si scioglierà a causa del prossimo aumento delle temperature. Ma lo sapete che ogni anno sulla Terra cade la stessa quantità di pioggia. Non una goccia di più né una di meno. Il problema è che ci sono posti dove ne cade poca o niente e altri dove ne cade troppa. Basterebbe trasferirla attraverso lunghe condutture da dove ce n’è a dove non ce n’è. Come si fa con il petrolio. E allora, vi domanderete, perché non si fa? Perché il petrolio e i derivati servono per far funzionare l’economia del mondo occidentale, l’acqua servirebbe all’Africa.

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