I l nostro “kentu concas, kentu berritas” venne tradotto dall’ex presidente della Repubblica Luigi Einaudi che, stanco dei “sì ma però”, sbottò: “dove sono troppi a comandare nasce la confusione”. Totò rende ancor meglio l’idea quando con Peppino chiede al vigile: “Scusi per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?”. Dove va la Sanità sarda i sardi lo sanno molto bene, i “nostri” di via Roma invece non sembra proprio. Da nove mesi la maggioranza tenta un giorno sì e l’altro pure di trovare l’idea comune. Neppure quelli che avevano ereditato uno sfascio e lasciato uno sfascio ancora più sfasciato potevano pretendere miracoli; al cittadino bastava conoscere un ruolino di marcia chiaro, definito e definitivo per capire come e quando arrivare alla nuova sanità pubblica. Niente, se ne parlerà dopo la Befana, questa la promessa dopo le più di millanta in campagna elettorale. La truppa d’assalto schierata nelle idi di marzo tipo “testuggine sardo-romana” per attaccare la Sanità si è frantumata subito dopo e da allora solo chiasso colorato dal “facimmo ammuina”: chi sta a prua vada a poppa e chi sta a poppa vada a prua; chi sta a destra vada a sinistra e chi sta a sinistra vada a destra; chi sta sottocoperta salga e chi sta sul ponte scenda, passando tutti per la stessa scala e chi non ha niente da fare si dia da fare qua e là.

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