C ’era uno che si accontentava del terzo posto perché, secondo lui, voleva dire essere il secondo tra gli sconfitti. Chi si contenta non gode. Ma fa finta come Carlo Calenda, tipico esemplare dello sconfitto vincente. Il principe dell’ossimoro ha combattuto da solo contro tutti e forse anche per questo ha perso, con onore ma ha perso. Questa storia dei concorrenti che blaterano a reti unificate e col sorriso stampato sostenendo di non aver vinto ma neppure perso, considerato che un elettore su due è rimasto a casa, è un’idiozia. Chi invece è andato a votare non conta? E i numeri che sommati fanno il totale? Boh, robetta buona per la tombolata. Con un meno del 2 per cento si rifugiano nel “se”: se però si analizza e si spacca il totale per estrarre la radice quadrata, tutto torna, per loro. Se i conti non tornano e la logica non regge si passa alla giustificazione scolastica tipo il professore che chiede di Marconi e l’altro che gli parla di Manconi. Anche a Milano hanno confessato di aver sbagliato cavallo, a Napoli e a Bologna idem con patate, a Roma se la giocano, tutti e due hanno già vinto. Sconfitta e vittoria per loro pari sono; tutti a dare un colpo alla grancassa, compreso chi non è mai andato a votare. In questo Paese gira e rigira c’è sempre un solo e unico perdente: il Paese.

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