I l garantismo italiano è già di suo racchio e gracilino. Non gli ha giovato il nostro infinito dopoguerra col suo sistema di potere bloccato, che ha finito per convincere molti che la corruzione fosse un dato inevitabile, inquinando di cinismo la nostra opinione pubblica. E peggio gli ha fatto il berlusconismo, che ha smandrappato diritto e procedura penali per salvare il cuoio ex capelluto al boss e, per il principio di Archimede, ha sollevato in metà Paese un’ondata forcaiola di intensità proporzionale.

Chiaro che in questo continuo derby fra furbastri e cancellieri della memoria la collaborazione di Giusva Fioravanti come opinionista della resuscitata Unità rischia di incarognire il confronto piuttosto che dipanarlo. Per la giustizia degli uomini Fioravanti è definitivamente uno stragista nero che ha definitivamente espiato. Chi legge la newsletter di Nessuno tocchi Caino (consigliatissima) sa che scrive cose interessanti sull’universo penitenziario. Tra le pene accessorie, anche per delitti orrendi come i suoi, non c’è l’amputazione della facoltà di espressione. Ma su una testata con quel nome e quella storia, che rappresentano un implicito e fortissimo patto col lettore, la sua firma è uno sfottò che nuoce anche alle sue ragioni e alla coscienza civile che ha maturato. Sacrosanto che nessuno tocchi Caino, ma perché mettere un dito nell’occhio ad Abele?

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