O gni volta che scrivo, ogni volta che parlo mi domando: questo si potrà scrivere, questo si potrà dire? Brutto affare. La libertà è minacciata, i suoi spazi si stanno restringendo. Dopo l’ordine di eliminare dalla mente e dal vocabolario personale le parole dichiarate politicamente scorrette anche se linguisticamente correttissime; dopo l’obbligo di praticare la cancel culture vestendo il cilicio dei penitenti; dopo l’ordine di aderire acriticamente alle regole della costosissima economia verde perseguendo il velleitario obiettivo di costringere la Terra, secondo certuni impazzita, a rinsavire; dopo l’istituzione della gendarmeria dei controllori, ora ha fatto irruzione il concetto dell’emergenza. Dichiarare uno stato d’emergenza consente al potere di imporre regole straordinarie limitative della libertà personale. Il risultato è l’omologazione globale: tutti devono parlare allo stesso modo e pensare allo stesso modo. Vietato obiettare. Bisogna accettare, astenersi, fingere, ignorare, tacere, ingoiare, rassegnarsi. Per chi non s’adegua vengono applicate le norme non scritte di un indeterminato codice etico e ideologico. I moralisti scrivono sulla lavagna i nomi dei buoni e dei cattivi, assegnano premi e laudi, infliggono castighi e penitenze. Per la libertà delle idee il sismografo segna terremoto in corso.

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