L unedì 12 giugno 2023, ore 9.30. Una pagina della storia della Repubblica si è chiusa; nello stesso istante se n’è aperta un’altra. Piaccia o no ai Travagli, travaglini e travagliati d’Italia, Silvio Berlusconi è già uno spartiacque. Lo avvertono anche i suoi avversari. Non i suoi nemici, che dalle sentine dei social continuano a esalare miasmi. Si sfogano con insulti, irrisioni, offese. Gli odiatori di mestiere grufolano nel trologo. Tutti abbiamo appartenenze politiche e sociali, che ci inducono alle dispute. Le polemiche, talvolta accanite, sono il sale della vita pubblica. Certi contendenti, però, vanno oltre il confronto civile e cercano strade traverse in cui ordire imboscate. Il soccorso di truppe mercenarie d’assalto sbilancia il rapporto di correttezza e lealtà. L’avversario diventa nemico, si ricorre a colpi proibiti sperando che siano letali. Quando poi arriva il momento supremo della morte, allora siamo chiamati a riflettere sui nostri comportamenti, non sempre limpidi; e su quelli degli altri, non sempre torbidi. Ci rendiamo conto che anche nei nostri avversari esistono ragioni che la nostra ragione non ha capito. Lo spiega Giovanni Pascoli, che descrivendo una quercia caduta scrive: «Dov’era l’ombra or sé la quercia spande morta, né più coi turbini tenzona. La gente dice: or vedo, era pur grande».

© Riproduzione riservata