S e, come abbiamo già scritto, la “giustizia climatica” invocata da papa Francesco è più un’implorazione rivolta alla divinità che un compito impossibile da assegnare all’umanità, la giustizia energetica da lui auspicata è invece un appello da recepire. In quella sollecitazione c’è anche un monito: dobbiamo carpire energia alla Terra operando con senso di giustizia. Ci piace intendere, da sardi che assistono a un assalto indiscriminato alla bellezza della propria terra, che il Pontefice abbia mandato un ammonimento non solo a chi sta compiendo una barbara invasione, ma anche a chi può evitarla e non lo fa. I teologi di Bruxelles, quelli della religione green, che invadono le nostre vite imponendo gabelle e operazioni da infarto economico per gli stati e i cittadini, non hanno stabilito punti di equilibrio tra costi e benefici. Ossia: tra quanto costa a un territorio la perdita della propria immagine e il beneficio che gliene deriva. Se lo avessero fatto nessun governo di destra, di sinistra o tecnico, avrebbe osato considerare la Sardegna un’isola da invadere e deturpare per l’ennesima volta nella sua storia: delle altre il tempo ha cancellato le cicatrici, di questa rimarrebbe uno sfregio indelebile. Consideriamo il monito di papa Francesco un viatico, una benedizione impartita a un popolo che finalmente sta insorgendo per combattere la sua Crociata.

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