N on è chiaro il motivo ma da giorni alcune testate continuano a ricicciare la storia degli sposini astuti, quelli che per risparmiare hanno prenotato in ristorante senza dire che il pranzo era di nozze. A forza di riproporla, la faccenda è rispuntata anche in questi giorni post elettorali. E a quel punto l’accostamento è spuntato inevitabile: Salvini è da anni che si comporta come gli sposi parsimoniosi. Si attovaglia al tavolo del comando e dopo un po’ – per non pagare il conto che la permanenza al governo impone in termini di responsabilità, di studio dei dossier, di capacità di fare scelte impopolari – si sfila fischiettando, con l’aria infastidita di un passante scambiato per lo sposo. Il Conte 1 lo ha bombardato più lui dal Viminale che la buonanima del Pd dall’opposizione. Poi si è messo a sostenere Draghi di santa ragione finché non lo ha fatto cadere. E ora che Meloni può relegarlo all’Agricoltura (avrà i pieni poderi?) ecco che trapela l’ipotesi dell’appoggio esterno. Che lui smentisce, ma intanto è chiaro che romperà le scatole fino a un eventuale altro esecutivo di unità nazionale quando la crisi morderà più a fondo.

Va bene tutto, va bene ispirarsi agli sposini smart e va bene anche credere così tenacemente e così spesso nell’istituzione matrimoniale. Ma non è che puoi continuare a sposarti finché non ti regalano l’Italia.

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