N o, no, no, Mattarella no. Signor Presidente, la nuvola bianca che corona il suo capo è per noi e per gran parte degli italiani garanzia di saggezza, equilibrio, sobrietà. Neanche la sua apparizione al festival pop e gender di Sanremo ci ha fatto cambiare idea. La consideriamo vittima di un agguato dei “soliti ignoti”. In un momento di distrazione istituzionale ha ceduto alle lusinghe dell’incantatore di anguille a sonagli che, con collera e sdegno di Mozart, si fa chiamare Amadeus. Le hanno teso un agguato, un tiro mancino, un tiro burlone. Non a caso il Festival per antonomasia si svolge nel bel mezzo del carnevale. Signor Presidente, lei non può fare parte dello spettacolo, neppure per compiacere al popolo, che l’applaude. È un ruolo che non le si addice. Lei non è uomo di teatro, lei è l’inquilino del Quirinale, storico palazzo di papi, re e presidenti repubblicani. Quando, dopo alcuni minuti di febbrile attesa e di suspense, sul palchetto dell’Ariston si è scostata la tenda rossa abbiamo sperato che quel signore ieratico inquadrato dalle telecamere non fosse lei ma un suo sosia. Amadeus e Gianni Morandi erano tanto emozionati che non hanno avuto la forza, o forse il coraggio, di pronunciare la frase rituale delle presentazioni da palcoscenico. «Ed ecco a voi … Sergio Mattarella». Ad maiora.

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