“ L e professoresse sono convocate in assemblea plenaria per le ore 09.30 di domani. Firmato: la rettrice professor Mario Rossi”. E i professori? Convocati anche loro. Dove? «Nella sala delle professoresse». Per l’occasione «le studentesse avranno un giorno di vacanza». E gli studenti? «Anche loro». Non abbiamo alzato il gomito prima di metterci a scrivere. È l’effetto woke. I pensatori “inclusivisti”, che scrivono con asterischi e schwa, sostengono con grande fracasso mediatico che di molte parole finora è stato fatto un uso irrispettoso e sbagliato. Sono invecchiate male. Vanno adeguate ai tempi moderni, che sono fluidi e vendicativi. Per secoli c’è stato un abuso del maschile “sovraesteso”, ossia comprensivo dei due generi e dei due sessi. D’ora in poi sarà sovraesteso il femminile. Lo ha deciso, ponendosi come avamposto dell’esercito woke in Italia, il senato accademico dell’Università di Trento. Che ha promulgato un documento di cinquanta pagine, di cui il rettore Flavio Deflorian, che ormai dovremo chiamare rettrice, fa questa sintesi: «i termini femminili si riferiscono a tutte le persone». La castrazione delle parole procede. A impugnare i bisturi sono soprattutto gli uomini. Che ora quella menomazione non se la infliggono più, come recita una vecchia spiritosaggine, per fare un dispetto alle mogli. Bensì per appagarle e vendicarle.

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