«B uonasera ragazze» disse la professoressa, e mal gliene incolse. Il saluto era rivolto alle sue giovanissime alunne di un istituto femminile inglese. «Non tutte, qui, ci identifichiamo come femmine», le disse di rimando con insolente ironia una dodicenne dal fondo dell’aula. La docente considerò la risposta una battuta di cattivo gusto e non replicò. Tutto finito? No. Le sue parole avevano offeso la sensibilità di alcune ragazzine in via di trasmigrazione sessuale: nel loro intimo e nella loro intimità si sentivano maschi e come tali volevano essere considerate. O considerati? In tempo di transgender fluido, provvisorio e reversibile è vietato sbagliare con le desinenze; la pena può essere afflittiva. Come lo è stata per quella professoressa. Che il giorno dopo il misfatto è stata licenziata. Punizione esemplare per un’insegnante che ignora i caratteri della sessualità moderna, diversa da quella ormai ammuffita di solo due sessi risalente nientemeno che a Adamo e Eva: che «maschio e femmina Dio li creò». Tempi biblici. Bene quindi hanno fatto alcuni docenti progressisti a inserire, tra quelli di testo, i cosiddetti “libri trans”, utili per indottrinare * più piccol* fin dalle classi elementari. Orrore: il correttore automatico del mio computer mi segnala errate le parole con l’asterisco. Lo licenzierò.

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