Troppa carta inutile e pochi fatti utili. Ciclopiche relazioni e trattati su tutto e niente occupano gli archivi delle amministrazioni pubbliche; il ministro Calderoli provò a ridurle in cenere ma l’italica finzione spense il falò tra flute di prosecco e tartine al salmone. Alla folta schiera di intellettuali a gettone si è aggiunto il Cnel, Consiglio dell’economia e del lavoro, vitaminizzato all’euro da Giorgia Meloni dopo anni di agonia e il de profundis tentato da Renzi nel referendum del 2016. Con l’arrivo alla presidenza di Renato Brunetta, ex ministro alla pubblica amministrazione, l’ente è risorto; l’esistenza in vita garantita dalla Carta si è svelata con conferenze, studi e sublimata con la relazione annuale sull’economia e il lavoro a villa Lubin, storica sede del Consiglio. La consacrazione è arrivata con il “no” al reddito minimo garantito tra gli applausi riconoscenti della maggioranza e le critiche al veleno dell’opposizione che Brunetta ha archiviato senza fiatare; ne ha sentito di peggio quando da ministro alla pubblica amministrazione tentò di tagliare le monumentali scrivanie e di sfidare i fannulloni. Il Cnel finora gli ha rimborsato le spese, da pensionato non poteva avere di più. Una disposizione inclusa nel decreto Pnrr ha eliminato il blocco e l’ex ministro potrà cumulare fino a 240 mila euro: reddito massimo garantito.

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