G li ospedali sono la trincea sguarnita della sanità perduta e rabbiosa: pestaggi e aggressioni ai medici che fanno l’impossibile ma non garantiscono il miracolo, schiaffoni, ambulatori per aria; minacce, urla, imprecazioni e bestemmie in tutte le lingue del mondo. Da Pescara a Vibo Valentia, da Genova a Reggio Calabria, a Foggia, a Cagliari. Niente di tutto ciò è tollerabile, la condanna è sacrosanta e le scusanti anche se figlie del dolore vanno respinte. Ma non basta condannare i violenti, solidarizzare con gli operatori sanitari e neppure inasprire le pene come ormai è costume in questo Paese. Si picchia su tutto e su tutti al motto “ordine e disciplina” meno che nella pubblica amministrazione dove l’abuso è solo l’indicativo presente del verbo abusare. Non sarà una ronda esterna a rimettere insieme i pezzi della sanità pubblica: l’esercito è solo uno spot, denunciano i medici che rischiano tutti i giorni la vita per tenere in piedi un sistema in lenta agonia. La terapia non è un anno in più di galera o di servizi socialmente utili ma eliminare le eterne liste d’attesa, rafforzare gli ospedali, ripristinare la medicina di prossimità per ridurre gli ingressi in pronto soccorso e garantire una pronta assistenza agli anziani e ai fragili. L’esercito denuncia la paura e registra la sconfitta della politica, l’universo sanitario la speranza.

© Riproduzione riservata