La scena finale
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I l carro funebre guidato dal Comico Necroforo Grillo è la sintesi metaforica di un dramma esistenziale giunto alla scena finale. Tanto macabra quanto buffonesca. L’Elevato però non è defunto, a suo dire è solo scomparso alla vista dei mortali. Abbiamo assistito, dopo millenni, a uno strabiliante catasterismo: l’assunzione in cielo, sotto forma di astri, del Grillo gatteggiante e dei suoi più fedeli discepoli. Come accadde alla chioma di Berenice trasfiguratasi in costellazione celeste. Lo scaccino della chiesa coleottera, un certo Conte Giuseppe, fattosi priore con l’inganno, non ha spento solo le cinque stelle del Movimento. Ha decretato, con atto tombale, la fine di quell’antipolitica che ha ubriacato l’Italia a lungo. Un’onda che sembrò sommergere quel che restava del sistema liberale. Un tentativo, che ora possiamo decretare fallito, di sostituire la democrazia rappresentativa, sbrigativamente dichiarata obsoleta, con un’altra, diretta, realizzata con i sistemi elettronici della comunicazione. Il concetto di classe politica è stato demonizzato e sostituito con quello dei gruppi sociali digiuni di ogni conoscenza e, siccome digiuni, famelici. Il Conte, che da uno di questi insiemi è emerso come un galleggiante, ha compiuto il necessario delitto. Uccidendo il Grillo e l’antipolitica ha ucciso anche sé stesso. Dobbiamo essergliene grati.