La resa del conto
C on quella faccia un po’ così che hanno loro, che pagano il conto a Genova. Tenuti pure sotto schiaffo: minimo due portate a persona, altrimenti niente tavolo. Le associazioni di categoria difendono il ristoratore, chissà se dovrà mai farlo anche un avvocato civilista.
Inutile attardarsi sul noto attaccamento al denaro dei genovesi: è sale sulle ferite. A proposito: il ristorante è a Camogli (dunque esiste davvero, non è un panino dell’Autogrill) e si chiama “Sae”: sale, in dialetto. E no, non lo fanno pagare a parte: siamo nel Genovese, dunque evitiamo il “salato”. Una follia, l’obbligo di due portate? Il dibattito si è scatenato, con critiche al locale che ha appena diciotto coperti. I più severi sui social, come sempre, sono quelli che non ci sono mai entrati.
Facciamoci un esame di coscienza, noi clienti: la “moda” di ordinare due portate in due, condividendole, dimezza l’incasso dei ristoranti, alle prese con aumenti per ingredienti, gas, luce e il resto. Si mangia in due, conto per uno. «Ci sarebbe anche il menu a prezzo fisso, ma preferiamo la doppia portata», dicono da “Sae”.
Si ragiona su una soluzione maleducata estrema: arrivare con borsa frigo e microonde, accomodarsi al tavolo e scaldare il cibo cucinato a casa. Ma a quel punto, per cenare fuori, è più “sexy” il proprio balcone. Il caffè, purché scorretto, è un nostro omaggio.