P rima media. «Nominativo rosa, genitivo rosae, dativo rosae, accusativo rosam, vocativo rosa, ablativo, rosa». Questa cantilena fu il mio primo incontro con il latino. Quando una delle troppe riforme della scuola lo escluse dall’elenco delle materie di base e formative mi dispiacque. Era stato per me e per moltissimi miei coetanei un compagno di studi: ora scorbutico, ora attraente, talvolta affascinante. Era il ponte che ci univa a un mitico passato. Molti pedagogisti sostengono che apra l’intelletto alla logica e al ragionamento e innesti nella mente una marcia in più utile allo studio di ogni disciplina. Il ministro Valditara ha annunciato che fra un anno tornerà fra le materie di studio della scuola media. Il centrodestra applaude. La sinistra si oppone. Per motivi, credo, più ideologici che educativi. Ricordo, a conforto della mia tesi, due limpide figure di deputati comunisti del passato, Concetto Marchesi e Alessandro Natta, entrambi umanisti, che sostennero l’utilità del latino. Durante un dibattito alla Camera Claudio Martelli ricorse a un antico brocardo: «Simul stabunt simul cadunt» disse compiacendosi della citazione e della rima. E Natta, a voce alta: «Cadent, Martelli, cadent!». Altri parlamentari hanno commesso quell’errore: da Berlusconi a Craxi. Il latino non è, con rare eccezioni, la lingua dei politici. Il latino è «la lingua degli Dei».

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