I n un angolo dell’attualità di ieri (attualità di ieri è una contraddizione in termini però con i quotidiani funziona così) c’è una storia meravigliosa. È quella del passeggero di un aereo Usa che chiama la torre di controllo e avverte: c’è un problema, il pilota è svenuto e io questa roba non la so guidare. Seguono un po’ di colpi di scena che basterebbe aggiungere sei litri di tempo e vien fuori una serie Netflix (i contatti sono disturbati e il passeggero deve richiamare col cellulare, la torre deve dargli istruzioni a prova di scemo ma non trova una foto dei comandi di quel modello per dirgli “premi quel pulsante verde a destra, NON toccare la leva blu” eccetera) e poi il lieto fine, con atterraggio da 10 e lode, applausoni e vai con la sigla. Grande storia, appunto. Poi ciascuno se la vive come crede. Se ti emozioni e ti immedesimi col passeggero sei una persona abbastanza normale. Se pensi che se è così facile non c’è bisogno di pagare i piloti e basta sorteggiare un passeggero, allora sei un manager Ryanair. Se fai spallucce sei un funzionario di Palazzo Chigi che era lì quando la politica svenne, si mise alla cloche un avvocato con la pochette e in quella, bang, arrivò la pandemia. E Mattarella dalla torre di controllo che sussurrava: “Adesso rallenta, attento allo spread, abbassa i toni, alza i flap...”. Che risate. Non ne parliamo più.

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