“D ice che dopo il voto taglia le tasse”, e l’altro, “Digli che lo votiamo dopo le elezioni”. Altan (Francesco Tullio Altan) in quella storica vignetta sbertucciava la politica politicante sbandieratrice di belle promesse ma che, come le leggi di Torino, durano dalla sera al mattino. Nel 1952, quando Altan aveva dieci anni il napoletano Achille Lauro, “O Comandante”, fondava il Partito Monarchico e veniva eletto sindaco di Napoli con 117 mila preferenze dando vita a campagne elettorali al ragù: un chilo di pasta e una scarpa con la promessa dell’altra dopo il voto. “O Comandante” non faceva fessi gli italiani: dava prima di ricevere e anche a costo di passare per fesso chiudeva i contratti sulla parola d’onore. La graffiante matita di Altan ci riporta alla politica dei politicanti di oggi che promettono ma, a differenza di Achille Lauro, al popolo festante concedono un selfie zuccheroso e ai fedeli un posto tra i tanti sottopanza di cui si rimpinza la burocrazia. Il Paese è pieno di questi personaggi oggi potenti, domani fragili “come d’autunno sugli alberi le foglie” (Ungaretti). Campano di promesse: cancelleremo il canone tivù, da 70 è risalito a 90 euro. Pensioni da mille euro: illusione. Aboliremo le accise sui carburanti: chimera. Achille Lauro si accaparrava i voti con i soldi suoi, oggi si accattano con le promesse pagate da altri.

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