G li hanno chiesto il bis. Tutto il teatro in piedi e applausi come il pubblico della Scala tributa soltanto ai grandi cantanti, direttori d’orchestra e solisti. Lui, sotto la nube candida che gli copre il capo e gli conferisce la presunta saggezza della senilità, ha abbozzato un sorriso enigmatico. Lo concederà, il bis? Oppure lo rifiuterà, come quei tenori che a fine carriera non vogliono esporsi al rischio di una stecca? Mattarella, da sette anni sul proscenio del teatro Italia, è stato il protagonista di quattro opere. Sulle prime tre è sceso il sipario anzitempo, la quarta è ancora in cartellone. Di quale gli si chiede il bis? Della cantata “Il Gentiloni dormiente”, un pertichino da lui composto come perditempo tra due legislature? Oppure dell’aria “Di Maio e Salvini incatenati”, dall’atto unico “Il Conte miracolato”, opera semiseria da lui stesso orchestrata? Oppure della cabaletta “C’è Speranza tra Grillo e Letta”, dal “BisConte in maschera”, opera buffa su testo e partitura del Presidente medesimo restio a chiudere il botteghino? Oppure gli chiedono la replica del do di petto della romanza “Vincerò” dall’ultimo atto del melodramma “Il Drago in Italia”, suo capolavoro? Mattarella sorride e sembra dire: non fatevi illusioni, ho detto no e manterrò la promessa. Mica sono Napolitano.

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