G li hanno tolto il telecomando. Giuseppe Conte non l’ha presa bene. Era il suo scettro, era la scatoletta dentro la quale si nascondeva Casalino, il regista delle sue scene teatrali. Regnava nei Tg, soprattutto in quello di Rai1 diretto dal fido Giuseppe Carboni, rimosso. Dopo avere guidato l’Italia con l’abilità di un pilota di autoscontro, si aspettava gratitudine e onori; invece gli hanno scippato il balocco. Irriconoscenti. Ha persino minacciato di punire l’Italia intera privandola della sua luminosa presenza sui teleschermi. Gli hanno fatto notare che il partito che non c’è, affidato alle sue cure taumaturgiche, ha bisogno della flebo televisiva. Quindi, a malincuore ha receduto. Il repulisti in Rai è colpa del Drago, che nei lavori di pulizia domestica non compare mai lasciando il lavoro sporco alle ramazze degli apparati dello Stato. Non si fida di alcuni suoi ministri ereditati dal governo giallorosso: colpi di coda di un cetaceo spiaggiato. Non c’è misericordia per i detronizzati. Anche Grillo dileggia il premier decaduto: «Specialista in penultimatum»; Renzi lo deride con un ossimoro: «Ha il coraggio del coniglio mannaro». Solo Berlusconi, buon samaritano in cerca di consensi per il Quirinale, gli lenisce le ferite: «Conte ha quasi il mio stile». Un abbraccio politicamente mortale.

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